Difficile parlare di James Ellroy senza menzionare la sua vita. D’altronde è lui stesso che, negli anni, l’ha descritta e raccontata senza peraltro mai romanzarla. E perché farlo, visto che fin dall’infanzia vive in prima persona un agghiacciante romanzo noir. Uno di quelli violenti, spietati e fatti di villain che si aggirano tra i sobborghi di una Los Angeles d’altri tempi.
Breve riassunto biografico: James Ellroy nasce nel 1948 a L.A. Cresce con la madre a El Monte, fino a quando nel 1958, questa non viene trovata assassinata in un fosso. Ha dieci anni e – inevitabilmente – il fatto lo segna nel profondo. Nel frattempo il piccolo James si appassiona alla lettura e comincia a divorare polizieschi e crime novels tra una lezione e l’altra. Tra le tante storie che legge, viene colpito dal caso della “Dalia Nera”, un efferato omicidio avvenuto a Los Angeles ai danni di Elisabeth Short. È un caso rimasto irrisolto e che tanto assomiglia a quello che colpì la famiglia di Ellroy poco prima.
Negli anni seguenti James Ellroy trascorre una vita solitaria, difficile e di sregolatezze. Tra piccoli furti, un lungo periodo di vagabondaggio e ricoveri in ospedale, troverà la redenzione proprio grazie alla scrittura. Comincia a pubblicare romanzi dove mescola intrecci noir a storie di vita vissuta. Racconti che provengono dalla strada: la stessa che ha vissuto lui e alla quale concede una dignità letteraria inedita nel panorama letterario.
Il vero trionfo arriva con The Black Dahlia, romanzo che ripercorre – tra realtà e finzione – qual caso di cronaca nera che da sempre lo ossessiona. Il resto è Storia. Tormentata, estrema e ostile al compromesso, ma che ha il gustoso sapore di riscatto sociale ed esistenziale.
La letteratura di James Ellroy
Con i suoi 18 romanzi all’attivo (senza contare autobiografie, racconti e saggi), pubblicati a partire dal 1981, possiamo considerare James Ellroy uno scrittore noir post-classico. Lo definiamo così perché arriva un ventennio dopo l’era dei grandi maestri e troppo presto per il neo-noir. D’altronde è sempre stato allergico al post-moderno (la sua polemica anti-tarantiniana rimane negli annali). I suoi riferimenti poi sono pochi e rigorosamente legati alla tradizione del genere.
Lo stile – chiariamolo subito – non è di quelli semplici. Prosa telegrafica, ispirata ai rapporti dei distretti, lessico duro infarcito di slang, frasi ripetute e paranoiche e un flusso di coscienza dalla sintassi destrutturata. Chi narra ha sempre le idee confuse; eppure gli intrecci sono tra i più solidi e meglio congeniati della letteratura di genere.
Quali libri ha scritto James Ellroy? Parte con 4 libri stand alone, letterariamente acerbi, ma dannatamente umani. Procede con la Trilogia di Lloyd Hopkins, che potremmo definire la fase più debole della sua produzione. Poi arriva il suo momento migliore: l’ L.A. Quartet è una tetralogia composta da alcuni dei suoi romanzi migliori: The Black Dahlia (1987), capolavoro assoluto del genere; Il Grande Nulla (1988), L.A. Confidential (1990), noto al grande pubblico per un eccellente adattamento cinematografico; e infine White Jazz (1992), romanzo sperimentale che condensa una trama da grande romanzo russo in poco più di 400 pagine.
Arriviamo così alla Underworld USA Trilogy: American Tabloid (1995), Sei pezzi da mille (2001) e Il sangue è randagio (2009). Diventa sempre più evidente come le sue fasi artistiche vengano scandite da una certa serialità nel racconto. James Ellroy ci tiene a incasellare la sua letteratura in “saghe” (con molte virgolette) che permettono di affrescare epoche e sviluppare stili estremamente coerenti a sé stessi.
Si conclude con un secondo “quartetto di Los Angeles”, divenuto di recente un quintetto ancora da completare: Perfidia (2014), Questa tempesta (2019) e Gli Incantatori (2023).
Cosa leggere di James Ellroy: I nostri consigli
Premesso che non è facile compiere una selezione quando si parla di Maestri. Ma una scelta, almeno all’inizio, va fatta e noi siamo qui per facilitarla. Ecco i 3 romanzi migliori di James Ellroy, perfetti per cominciare a conoscerlo e ad amarlo quanto merita:
1) The Black Dahlia
Scontato, ma è il romanzo che condensa tutta la poetica di James Ellroy. È anche tra i più facili da leggere: ha una prosa canonica, meno sperimentale e un incedere che non lascia scampo. Lo inizi e ti ritrovi a passare la notte incollato al testo. Ci è piaciuto perché è un romanzo noir malato, violento all’inverosimile e che immerge il lettore in quei fetidi anni ’40: tra la patina della Hollywood classica, lo sfarzo della borghesia americana WASP e il fetore dei ghetti. Meraviglioso.
2) Prega Detective
Non è mai il miglior romanzo di James Ellroy, eppure trasuda una disperazione preziosissima. Lo scrittore al suo esordio vomita tutto il disagio accumulato in 30 anni e lo traduce in un’opera di incredibile bellezza. C’è un contrasto strano, indefinibile, tra il lirismo di certi passaggi e la bassezza diffusa in tutto il libro. Il racconto è super-classico e narra la discesa agli inferi del tipico private-eye alle prese con un caso più grande di lui. La cosa migliore del romanzo è Walter: l’amico fraterno del protagonista, che passa le sue giornate chiuse in casa a ubriacarsi ascoltando musica classica. Il finale è tra le cose più commoventi mai scritte da un autore noir. Diamante grezzo.
3) American Tabloid
Il grande romanzo della maturità. Forse l’ultimo vero capolavoro di James Ellroy, perché nei successivi – diciamocelo – tende un po’ a ripetersi. Al centro di American Tabloid c’è l’omicidio più famoso d’America: quello a John Fitzgerald Kennedy, ma è decisamente lo sfondo a risaltare. Ellroy imbastisce un affresco complesso, che amalgama la Storia di un paese con le vicende personali dei protagonisti. A un certo punto non si capisce più cosa è reale e cosa no, quando finisce la cronaca e comincia la fiction. Ma proprio questo il bello. Divertenti perdersi tra i numerosi camei di personaggi pubblici. Il migliore è quello dedicato a Marylin, che appare e scompare in un pugno di righe ma trafigge il cuore del lettore.